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L’Italia al bivio tra fallimento e ripartenza

16 aprile 2020

Per arginare la diffusione del contagio da Covid-19 abbiamo ordinato a milioni di persone di non lavorare. Tra queste persone molte non hanno fonti di reddito alternative e non hanno risparmi sufficienti per poter sostenere le spese che non sono state fermate dal lockdown, ad esempio per pagare gli affitti, oppure per pagare le bollette, oppure per pagare la spesa.

Per evitare che chi ha perso il lavoro non debba scegliere tra lasciarsi morire di fame o andare a rapinare un supermercato, lo Stato ha offerto a tutte queste persone un aiuto. Questo aiuto, però, costa e con l’economia ferma, anche le entrate dello Stato sono ferme, quindi il costo è doppio: da una parte sono aumentate le uscite e dall’altra si sono ridotte le entrate.

Lo Stato italiano già prima dell’emergenza Covid-19 aveva un bilancio pubblico tra i peggiori in Europa e questa prolungata fase di lockdown ovviamente non ha fatto altro che peggiorare drammaticamente una situazione già negativa che ci caratterizza da decenni.

Le recenti stime del Fondo Monetario Internazionale sono l’ennesimo segnale del fatto che la Grecia è a un passo: se continuiamo a stare fermi il debito dello Stato italiano raggiungerà livelli oltre i quali nessun Governo sarà in grado di guidare il Paese a tornare indietro, perché le politiche necessarie a farlo sarebbero talmente impopolari da essere di fatto incompatibili con la democrazia (altro che l’austerity di Mario Monti…): qualunque forza politica al governo perderebbe troppi consensi, per chiunque sarà politicamente meglio guidare il Paese al default piuttosto che a una lunga fase di sacrifici. Una fase molto più lunga del ciclo politico e, quindi, irrealizzabile perché il Governo che la dovesse cominciare non avrebbe il tempo di portarla a compimento, perdendo le elezioni successive.

C’è il rischio che ormai sia tardi ma l’unica possibilità di evitare questo scenario è consentire ai giovani e a chi non ha gravi patologie di riprendere le attività lavorative, perché se lo Stato fallisce le vittime dirette e indirette della povertà (comprese quelle della conseguente criminalità) supereranno di molto quelle del coronavirus.

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4 commenti
  1. Anonimo permalink

    Bravo Angelo. Sarebbe opportuno far parlare i numeri, invece di tanti illustri virologi ed epidemiologi che sbucano come funghi in questo periodo e che i giornalisti fanno a gara per intervistare e pubblicare teorie sempre nuove, a volte naif. Prendiamo l’esempio del Lazio, una regione di quasi 6.000.000 di abitanti. Quanti positivi conclamati abbiamo in questo momento? Credo circa 4.000. Che % di occupazione abbiamo dei posti in terapia intensiva? credo circa 30% (potrei sbagliarmi, questi dati li ho presi utilizzando i motori di ricerca). Quante sono invece le persone che nei mesi o anni passati hanno avuto il coraggio di investire, hanno aperto attività commerciali o di ristorazione o similari, hanno creato lavoro, hanno prestiti e leasing da pagare …. e poi ci sono tutti i loro dipendenti. Per 4.000 positivi conclamati che abbiamo nel Lazio dobbiamo continuare a tenere tutto chiuso?

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    • Grazie. Speriamo che la riapertura progressiva delle attività economiche avvenga nel miglior modo, nel rispetto delle condizioni di sicurezza dei lavoratori e soprattutto nei tempi più brevi possibili.

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      • Dario permalink

        La produzione va riattivata su un.modello inedito di ecobomia volto a soddisfare e mettwre ib sicurezza bisognib ed istanze primarie . Casa salute istruzione alimentazione sicurezza di personale ed infrastrutture Se invexe torniamo al modello veterocapitalista sprofonderemo nel.baratro definitivamente

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  2. Stefano permalink

    Ciao Angelo. Io sono perplesso, agnostico per essere più preciso. Ti consiglio la lettura di questo articolo. Ad meliora.

    EPIDEMIA CORONAVIRUS: DUE APPROCCI STRATEGICI A CONFRONTO, di Roberto Buffagni

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