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Un GAS fa bene all’ambiente, alla salute e al salvadanaio

19 luglio 2013

allacobragor

Le rare volte che metto piede in un supermercato resto sistematicamente sorpreso dal reparto delle insalate pronte. Non riesco a capacitarmi di come, di fronte a due prodotti apparentemente simili, tanti possano decidere di comprare quello che costa dalle 3 alle 10 volte di più, che è meno igienico e che inquina di più.

Per quanto riguarda il prezzo, un chilo di insalata biologica del contadino costa 2 euro mentre un chilo di insalata non biologica preconfezionata costa dai 5 ai 20 euro. Lo stesso vale per tutti gli altri tipi di verdura. Poichè una famiglia italiana consuma mediamente 20 chili di verdura fresca, in pratica a fine mese può arrivare a spendere fino a 400 euro, contro gli 80 di quella che compra direttamente dal produttore tramite un gruppo di acquisto solidale (GAS). Probabilmente molte di queste famiglie non ci fanno neanche caso ma, ogni mese, pagano 320 euro in più solo per la comodità di non dover lavare e tagliare la verdura. In un periodo nel quale non si fa altro che parlare di crisi economica e di mancanza di lavoro, il clamoroso successo del mercato delle verdure pronte è certamente un emblema delle contraddizioni che viviamo quotidianamente.

Inoltre, per quanto riguarda la salute, è risaputo che nelle buste di insalata preconfezionata ci sguazzano muffe e batteri di ogni tipo. Se ciò non bastasse, è bene ricordare che le verdure iniziano a perdere sostanze nutritive, in particolare le vitamine, subito dopo essere state raccolte dai campi, e questo processo naturale viene accelerato dal taglio delle foglie: quello che costituisce il punto forte delle insalate preconfezionate, la comodità dell’avere il piatto pronto, è proprio ciò che ne distrugge il valore nutritivo! In pratica, quello che finisce nel piatto non ha quasi più niente dell’idea di salutare che viene istintivamente associata al cespo di lattuga.

Infine, e non certo per importanza, le insalate preconfezionate vengono vendute in confezioni di plastica altamente inquinanti. Se consideriamo le distanze di trasporto spesso considerevoli ed aggiungiamo che, in alcuni casi, oltre al sacchetto c’è anche una vaschetta di plastica, un consumo responsabile dovrebbe disincentivare come la peste questo tipo di mercato.

Come sempre, tutto sta a cambiare abitudini. Per quanto mi riguarda, l’ho fatto due anni fa e posso testimoniare che non c’è niente di più facile. Volete mettere il piacere di andare alla Cobragor in bicicletta, trovare Salvatore alle prese con la bilancia e le cassette di frutta e verdura, e riempire le buste di stoffa con i peperoni e le zucchine di stagione? Cercate un gruppo di acquisto nella vostra zona e vedrete che non vi passerà più per la testa l’idea di mettervi in macchina, di penare per trovare un posto nel parcheggio seminterrato del supermercato, di mettervi in fila alla cassa.

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2 commenti
  1. Francesco Vitolo permalink

    Ci provo credimi … ma hai mai combattuto con una massaia e le sue abitudini?
    Credimi sono delle tradizionaliste a cui è difficilissimo far cambiare abitudini.
    Dividere il rifiuto biologico da quello non biologico in casa mia già sarebbe un grande successo…
    cerco di dare l’esempio bevendo acqua dalla caraffa ma non c’è nulla da fare (la mia vendetta e rabboccare a loro insaputa con l’acqua del rubinetto la bottiglia dell’acqua minerale naturale … non si accorgono di nulla)
    Quando ho parlato dei GAS mia moglie mi fa ,,,,,.ma chi li conosce a questi? Perché ti vai a mettere in mezzo?
    Cosi continua ad andare dal solito arabo (hai notato che i fruttivendoli sono tutti arabi?) del negozio vicino contenta delle offerte tutto ad un euro o giù di li….

    "Mi piace"

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