Lavori pubblici, odissea tra grandi opere incompiute e piccole opere compiute male
Roma è la città delle grandi opere incompiute (la Città dello Sport, la Nuvola di Fuksas, l’acquario dell’EUR, le piscine dei mondiali di nuoto del 2009, etc.) e delle piccole opere compiute male (le strade, le piste ciclabili, i punti verde qualità).
La Commissione speciale per la razionalizzazione della spesa ne ha individuate a decine, sparse per tutta la città (link).
Stamattina mi sono ritrovato taggato nelle foto di Andrea Severini che ritrae il Parco Lineare in rovina.
Sette mesi fa era una meraviglia nuova di zecca (Una pedalata nel Parco Lineare), oggi è un percorso a ostacoli.
Questo è il parco nel giugno del 2014. Adesso bisogna fare in modo che il degrado non prenda il sopravvento.
Non è una novità scoprire che le opere pubbliche vengono realizzare con materiali scadenti e il loro buono stato dura pochi mesi. Lo sanno tutti che, di solito, non riescono a superare l’inverno.
Se si risparmia sulla qualità i risultati sono questi. Nel contratto di appalto bisognerebbe prevedere l’obbligo di mantenere l’opera in buono stato per un determinato periodo, con delle penalità economiche e delle responsabilità penali a carico della ditta inottemperante.
Perché chi mette in pericolo la pubblica sicurezza deve pagare: se la presenza di una buca causa un incidente e qualcuno si rompe la testa, il legale rappresentante della ditta che ha eseguito male i lavori deve esserne considerato colpevole.
Invece di aggiudicare gli appalti a chi offre il maggiore ribasso, ottenuto tramite una minore qualità che il comune non è in grado di controllare, dovremmo aggiudicarli a chi, a parità di prezzo, assicura la maggiore durata dell’opera, che invece è misurabile oggettivamente.
Basta poco, perché nessuno tra Rutelli, Veltroni, Alemanno e Marino lo ha fatto?
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