Ponte di Nona: il Tar dà ragione al concessionario (e alla politica)
Il 19 marzo i giudici del Tar si sono pronunciati accogliendo il ricorso della asd Ponte di Nona contro l’aumento del canone di concessione stabilito dagli uffici amministrativi del Municipio VI, riconoscendo “l’eccesso di potere per contraddittorietà ed illogicità” del provvedimento relativamente alla parte in cui si prevede di applicare, durante il periodo di proroga della concessione (riconosciuta in applicazione della Delibera n. 125/2020), un canone maggiore rispetto a quello previsto al momento del rilascio della concessione.
Testo della sentenza n. 02577/2021
Sono dispiaciuto del fatto che Roma Capitale abbia dovuto fare questa brutta figura, anche perché pur non rientrando tra le mie competenze offrire supporto agli uffici amministrativi, ho tentato in tutti i modi di far comprendere ai dirigenti che hanno firmato l’atto dell’errore grossolano verso il quale stavano andando incontro.
Ho scritto una prima volta il 19 febbraio, inviando una prima richiesta di parere sulla corretta applicazione della DAC n. 125/2020, nella quale scrivevo che “la volontà sottesa all’atto approvato dall’Assemblea era chiaramente quella di
adottare concreti provvedimenti che potessero porsi a sostegno di un settore fra i più colpiti dalla crisi ed in
evidente difficoltà”.
Non solo. Ho anche evidenziato che “le disposizioni finali del Regolamento DAC 11/2018 (art. 23), nell’estendere la nuova disciplina regolamentare anche alle concessioni già in essere, hanno comunque fatto salvi i rapporti economici e gestionali preesistenti”.
In sintesi: cari uffici, aumentare il canone è sbagliato!
Non solo. Ho anche aggiunto che, “a giudizio dello scrivente – la concessione di uno slittamento del termine finale della concessione non sembrerebbe modificare il rapporto ex tunc, facendone dunque salvi tutti gli aspetti e le condizioni pregresse”.
In sintesi (per la seconda volta): cari uffici, aumentare il canone è sbagliato!
Non solo. Nella lettera di sollecito a fornire un parere, inviata al Segretariato Generale il 3 marzo, ho evidenziato in maniera inequivocabile che “in caso di proroga del termine, tecnicamente intesa come protrarsi nel tempo della naturale scadenza, restano ferme tutte le restanti parti del contratto”.
In sintesi (per la terza volta): cari uffici, aumentare il canone è sbagliato!
Purtroppo la mia richiesta è rimasta inascoltata e, puntuale, un paio di settimane dopo, è arrivata la sentenza del Tar a condannare l’operato dei nostri uffici.