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Ma le Olimpiadi “ce servono o nun ce servono”?

10 marzo 2016

roma2004-20-24

“Roma 2024” è uno dei temi più dibattuti della campagna elettorale in corso (ovviamente dopo lo stadio della Roma…). La candidatura della nostra città ad ospitare l’evento sportivo più importante del mondo fa discutere e, naturalmente, fa dividere tra favorevoli e contrari.

C’è chi vede clamorose opportunità di sviluppo non dovremmo lasciarsi sfuggire, per rilanciare l’economia e l’immagine della città, come la creazione di posti di lavoro, gli investimenti in infrastrutture e in strutture sportive. E c’è chi vede altrettanto clamorosi pericoli che dovremmo tenere lontani, come la corruzione (Mafia Capitale), la speculazione (la città del rugby) e le spese incontrollate (la vela di Calatrava).

In realtà la questione è molto più semplice di quanto non si creda, se la si affronta restando nell’ambito delle rispettive competenze. In questo caso, ci interessano le competenze del Sindaco.

Il Sindaco di Roma, da parte sua, ha il diritto (e il dovere) di chiarire che il comune non ha un solo euro in cassa da destinare all’organizzazione dell’evento. D’altro canto si tratta di un evento mondiale, non cittadino, quindi il Sindaco non può negarne lo svolgimento a priori.

Il Sindaco di Roma ha il diritto (e il dovere) di mettere dei paletti ai progetti da realizzarsi. Può (anzi, deve) dire che sul territorio della città non vuole altre opere incompiute, come la già citata vela di Calatrava e le piscine dei Mondiali di nuoto del 2009, o altre opere non durature, come la Cintura Nord dei Mondiali di calcio del 1990 (90 miliardi di lire per un’opera utilizzata otto giorni).

Tutto ciò che è fine ai soli giochi olimpici dovrà essere “biodegradabile”. In pratica, tutto ciò che non è impianto sportivo dovrà essere temporaneo, progettato e realizzato per essere smontato e riutilizzato in qualsiasi altro posto di Roma (o d’Italia o del mondo) al termine dei giochi.

Il Sindaco di Roma può (anzi deve) dire che non ci serve un velodromo come quello costruito per le Olimpiadi del 1960, un impianto dalle dimensioni e dai costi di gestione giganteschi (aveva quasi 20 mila posti a sedere), rimasto inutilizzato dal 1968 e poi demolito nel 2008 perché costruito su un’area instabile.

A Roma servono impianti che, una volta terminati i giochi, non avranno nient’altro che il campo da gioco (o la pista dove pedalare, o la piscina dove nuotare) e gli spogliatoi dove cambiarsi: degli impianti per la pratica dello sport, non per l’intrattenimento sportivo, che qualsiasi associazione sportiva potrà prendere in concessione e gestire.

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